Per una Vera Storia di Twin Peaks

Come ho spiegato altrove, io non sono stato uno spettatore “storico” dell’altrettanto “storica” serie di Twin Peaks. A suo tempo, ho assistito a questo fenomeno televisivo da osservatore del tutto estraneo e non coinvolto, in quanto l’emittente che lo trasmetteva non veniva ricevuta nella zona dove abitavo, e la sua fama mi arrivava di conseguenza per sentito dire, attraverso citazioni da parte di amici e media. Ho colmato questa lacuna ben oltre trent’anni dopo, attraverso le attuali piattaforme di streaming che mi hanno consentito di visionare la cosa quasi tutta d’un fiato, e ne ho tratto tutto ciò che avete potuto leggere.

In questo stesso blog trovate raccolti vari articoli in materia…

Per non so quale ragione, sento di dover dare un’interpretazione globale e riassuntiva dicendo quanto segue.

In buona sostanza, il sopraccitato fenomeno televisivo (non mi stancherò mai di chiamarlo in questo modo, perché esattamente di questo si tratta) si apre e si chiude in un periodo piuttosto limitato, che copre sostanzialmente il triennio dal 1990 al 1992. Tutto il materiale poi ripreso nel 2017 in quella che viene sinteticamente denotata come “terza stagione” deriva dunque da un corpus “classico” centrato in un mondo lontano anni luce dal nostro.

Cronologia: la sintesi

Riassumendo, le grandi sezioni costitutive l’universo di Twin Peaks sono quindi tre:

  1. Dal 1990 al 1991, prima e seconda stagione della serie televisiva, costituita più precisamente da un episodio pilota di circa un’ora e mezza, sette episodi standard della durata di circa 45 minuti, più ventidue episodi di analoga durata che vanno a costituire una “seconda stagione” in realtà abbastanza anomala, visto che l’ultimo episodio della prima e il primo della seconda risultano del tutto consequenziali, come se effettivamente la serie reale fosse costituita da trenta episodi tutti in fila.
  2. Un film prequel del 1992, Twin Peaks: Fuoco Cammina con Me, che di fatto viene girato non solo, come ovvio, per sfruttare il grande successo di pubblico ottenuto dalla serie, ma anche per spiegare — o tentare di spiegare — i numerosi punti oscuri della vicenda complessiva narrata.
  3. Una terza stagione datata 2017, dove numerosi personaggi della serie, ovvero i rispettivi interpreti reali, tornano dopo venticinque anni per una sorta di reunion globale, atta a chiudere definitivamente la vicenda con nuove rivelazioni.

Alla luce di questo quadro strettamente temporale, e sulla base del grande disappunto che nel complesso ho provato visionando tutte e tre le sopraccitate sezioni, mi sono posto come ovvio svariate domande, cercando di individuare le risposte più sensate, documentate e oggettivamente valide.

Citiamo i fatti nudi e crudi…

Primo fatto: Il progetto denominato Twin Peaks, ovvero I Misteri di Twin Peaks, nasce come “semplice” tentativo di proporre una narrazione investigativa in modalità seriale, con elementi del tutto classici, per quanto interpretati da un duo registico molto particolare (Frost e Lynch). Questi elementi, anche se inseriti in un quadro spesso a tinte forti da soap opera, per non dire bizzarri e surreali, sono immediatamente riconoscibili e di certo non nuovi: la cittadina statunitense apparentemente tranquilla e in parte isolata, il fatto delittuoso che la sconvolge, l’entrata in scena di un investigatore “da fuori”, la presenza di personaggi che sembrano nascondere qualcosa, una crescente percezione di misteri inconfessabili incarnati nella doppia vita delle vittime, etc…

Secondo fatto: Gli episodi della prima stagione, e una buona metà di quelli della seconda, propongono una ritmica narrativa che effettivamente cattura il pubblico; un pubblico che, lo ricordiamo, era quello della fine anni Ottanta, abituato alla dinamica tutta televisiva delle attese tra un episodio e l’altro, con tutto ciò che poteva derivarne in termini di passaparola e sensazionalismo. Gli ingredienti della narrazione popolare di successo ci sono tutti, e molti superano anche le aspettative: sentimenti forti, amori, tradimenti, intrighi, passioni, promiscuità sessuale, ambiguità, rapporti tra generazioni, mistero, nonché una punta di misticismo rappresentata da alcuni enigmi e procedure investigative fuori dal comune.

Terzo fatto: A un certo punto — si tratta di oggettività che non solo affiorano chiaramente dalla narrazione, ma sono state candidamente ammesse dallo stesso Lynch — accade qualcosa che cambia completamente il corso della serie. La produzione pretende che il colpevole venga rivelato prima del tempo, in quanto gli ascolti presentano una lieve flessione. Lynch accetta suo malgrado, ma a suo modo si vendica, utilizzando un girato che annovera come personaggio presente in scena per puro caso. Si tratta di un membro della troupe tecnica, per la precisione un arredatore, che però ha una faccia estremamente inquietante e una risata da folle, che a Lynch piace tantissimo. Parliamo di quello che verrà denominato col nome di Bob, e che comparirà qua e là caratterizzando da subito una svolta prepotentemente soprannaturale della vicenda. Bob è infatti una sorta di entità demoniaca in grado di possedere chiunque, e dunque di prendere la forma del corpo ospitante.

Quarto fatto: Una buona metà degli episodi complessivi di Twin Peaks si caratterizza palesemente come messa in scena di eventi sempre più bizzarri e surreali, sia nelle situazioni che nell’inspiegabile sviluppo di determinati personaggi, il tutto in crescente contraddizione sia stilistica che tematica con gli episodi precedenti. Questo vero e proprio inseguimento della reinterpretazione del “prima” già detto e del “dopo” da reindirizzare e — inevitabilmente — correggere determina un accavallarsi di situazioni grottesche che trasformano l’intera vicenda in una sorta di campo di sperimentazione dove soprattutto Lynch porta intuizioni ora disturbanti, ora divertenti, ora definitivamente noiose e autoreferenziali.

Quinto fatto: Per spiegare, a serie conclusa, la stessa serie, interviene la necessità di un lungometraggio che possa spiegare il passato di Laura Palmer nella cittadina di Twin Peaks.

Corollari, domande e risposte

La domanda mi sorge spontanea proprio in relazione a questa cronologia storicizzata, che è appunto il corpus di base al quale riferiamo tutto l’amore verso Twin Peaks.

Ora, è chiaro che l’intera narrazione in questione è scorporabile in due tronconi: da un lato, un’originaria narrazione investigativa, con personaggi accattivanti, passionali e bizzarri spinti lungo la ricerca di un colpevole all’interno di un mistero; dall’altro lato, una narrazione che si arrampica sugli specchi per correggere o reindirizzare “cose già dette e illustrate al pubblico” al fine di rendere coerente la totalmente incoerente presenza di Bob.

Come è possibile che una narrazione caratterizzata almeno da un 50% di “trame espedienti”, raffazzonate per reggere gli effetti di un errore clamoroso, possa aver generato un così vasto numero di appassionati, tanto da creare un vero e proprio universo?

La risposta a mio avviso è da ricercare nei pesi e contrappesi che si sono generati lungo le dinamiche del successo di questo fenomeno. Ossia, siamo al cospetto di un vero e proprio “evento televisivo”, in fondo concentrato, circoscritto, puntuale, confinato in tre anni di programmazione, che non solo grazie ai voli pindarici dei suoi gestori — Lynch in testa, per ovvie ragioni — ma anche e soprattutto per una serie di favorevoli congiunture è stato in grado di generare prima un crescente interesse per i suoi punti di forza, e successivamente un interesse paradossalmente maggiore per una lettura multiforme dei suoi punti di oggettiva debolezza.

Più sinteticamente, Twin Peaks è diventata una specie di grande vetrina pop in grado di veicolare sia le follie registiche di Lynch, sia svariati ulteriori contenuti che avessero diretta o indiretta attinenza con tematiche quali soprannaturale, complotti, arte e bizzarria declinata in tutte le possibili direzioni.

Attraverso questo schema interpretativo, che appunto sintetizza dati del tutto oggettivi, spiccioli e fattuali, la natura funzionale della terza stagione — ossia “il ritorno” venticinque anni dopo, peraltro contenuto nella stessa serie classica in forma di promessa — risulta immediatamente spiegata: c’era la possibilità di “riaprire la vetrina” e riprendere in mano una mitologia radicata nell’immaginario collettivo, per sfruttarla nuovamente come lasciapassare universale, e così è stato fatto, utilizzando i più evoluti strumenti del linguaggio televisivo. Il format Twin Peaks diventa nuovamente contenitore per apparizioni e camei, presentazioni di band musicali, scenario per esperimenti d’avanguardia e citazioni, colpi di scena, elementi disturbanti e volutamente messi in mostra per infastidire l’attonito spettatore, stranezze compiute nel nome dell’onnipresenza del “doppio” da sempre implicito (la traduzione del titolo, le vette gemelle), momenti comici e letteralmente chi più ne ha più ne metta.

L’intera storia di Twin Peaks narra dunque, al di qua e al di là dello schermo, la trasformazione artificiale di una serie di successo in vero e proprio giocattolo mediatico di culto nelle mani di David Lynch per veicolare gli esperimenti espressivi più disparati.

E questa è la mia ultima parola in materia. Forse.

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