Cultura Pop, Metafore, Simboli e Richiami Esoterici in Twin Peaks

Come ho già detto, sto in questo periodo rivedendo (ovvero, vedendo per la prima volta, anche se la cosa può sembrare strana) le prime “storiche” due stagioni di Twin Peaks. Ho già parlato dell’importanza iconica di questa serie del 1990-91, ma mi andava di approfondire ulteriormente. Mi soffermerò senza una particolare logica consequenziale du aspetti specifici…

Le due stagioni

C’è da dire subito una cosa: la suddivisione in due stagioni non ha alcun valore narrativo, ma solo temporale, in quanto la storia viene letteralmente tagliata con l’accetta nell’ultimo episodio della prima, e si collega direttamente al primo della seconda, senza alcuna soluzione logica di continuità. Da questo punto di vista, l’opera che “classicamente” identifichiamo in Twin Peaks assume di fatto la forma di un’unica grande sequenza di episodi.

Questa considerazione, che potrebbe anche sembrare banale, potenzia ulteriormente il concetto di work in progress che denota questa serie e la avvicina a un prodotto “mezzo sperimentale e mezzo popolare”, con ampie incursioni nella serialità tipica delle telenovelas sia statunitensi che sudamericane.

Non posso ovviamente affermarlo con totale certezza, ma credo che la sceneggiatura ad opera del duo Lynch e Frost non sia stata scritta da cima a fondo, ma si sia generata attorno a schemi e intuizioni sviluppati gradualmente, in un secondo momento, o addirittura improvvisati sul set sulla base di un canovaccio generale.

Stile e temporalità

Se dicessi che siamo al cospetto di un totale capolavoro, che tiene incollato lo spettatore minuto dopo minuto allo schermo, direi oggettivamente qualcosa di molto discutibile. Senza alcun dubbio, la narrazione, specie attorno al decimo episodio della seconda serie, in certi punti diventa particolarmente noiosa, in quanto gli elementi che caratterizzano le singole vicende parallele dei vari personaggi a tratti sembrano seguire logiche del tutto autoreferenziali: scenette comiche, ammiccamenti, azioni che non portano ad alcun avanzamento della trama, misteri che sembrano citati a casaccio, o che mettono in scena stranezze che lo spettatore fatica a mettere in relazione al tema generale. Tuttavia, nonostante queste giustapposizioni, la serie si mantiene interessante.

Da un punto di vista percettivo, questa serie — che, lo ricordiamo, andava in onda non già in una piattaforma di streaming, ma lungo la programmazione televisiva standard, con lunghi intervalli di attesa tra un episodio e l’altro — funziona esattamente come una sorta di soap opera. Ossia, sullo schermo si muovono dei personaggi che per varie ragioni ci stanno simpatici (o profondamente antipatici), e che non si sa bene perché desideriamo rivedere, seguire, tornare a frequentare.

La componente misteriosa è una sorta di cifra stilistica aggiunta, come un ingrediente particolare che viene dosato in un cocktail di base in proporzioni variabili, per testare l’efficacia di un intruglio del tutto nuovo. In altre parole, siamo al cospetto di un test, di una specie di esperimento sociale che utilizza il pubblico come scandaglio, quasi sempre ricavandoci qualcosa di buono, visti gli ascolti record e la portata ormai storica di questa produzione che senza alcun dubbio etichettiamo come cult.

Una tranquilla cittadina rurale americana…

Quante volte, dai romanzi di Stephen King alle decine e decine di serie televisive partorite lungo anni e anni, ci siamo trovati di fronte alla tranquilla cittadina rurale americana che nasconde segreti occulti? Direi molte. Questo topos è talmente frequente da meritare un approfondimento addirittura antropologico.

Twin Peaks è appunto il nome della cittadina che ospita i fatti e le relazioni di questa storia così articolata e grottesca, segno evidente che il vero protagonista, in questa serie, non è tanto l’investigatore inviato dall’FBI per far luce sugli enigmi della zona, ma la zona stessa, che in qualche misura agisce attraverso i personaggi, li ipnotizza, li chiama, li ispira, ne interpreta aspirazioni, sogni e desideri. Il vero protagonista è il mistero che per definizione non viene rivelato mai, se non attraverso indizi spesso contraddittori.

Il background subliminale massonico…

Gli ingredienti di questo mistero passano attraverso frasi criptiche, sogni, prodigi, diari ritrovati, possessioni demoniache, allusioni a segreti militari, leggende, citazioni… Tanto per dirne una, le strutture alberghiere del posto pescano a piene mani nella versione kubrickiana del celeberrimo Overlook Hotel, e numerosissimi decori degli interni ricordano direttamente Shining. C’è un’attenzione molto particolare al colore rosso dei tendaggi, ai motivi “nativi americani e geometrici” su muri e pavimenti, nonché al rapporto tra modernità consumistica “in serie” e antiche rappresentazioni facenti parte del passato selvaggio dei luoghi, soprattutto boschivi. Il tutto fa perno su numerosi simbolismi: il nano e il gigante che appaiono in sogno, le geometrie quasi rituali e massoniche, i riferimenti a una loggia bianca e a una loggia nera, nonché al gioco degli scacchi (il dualismo tipico del dettato esoterico della stessa Libera Muratoria), e via discorrendo…

Siamo dunque di fronte a un prodotto volutamente meticcio, che unisce avanguardia e cultura pop, bellezza e kitsch, alto e basso. Da notare che alcuni personaggi della serie rappresentano un dualismo a volte lacerante, che dal cinismo del crimine passa alla nobiltà d’animo senza alcuna gradazione intermedia. (A tale proposito, si veda la misteriosa tessera di domino — guarda caso, bianca e nera — misteriosamente assaporata da questo personaggio, che nella storia è proprio un ex carcerato che torna a Twin Peaks per ricostruire la sua storia d’amore.)

Il grottesco

Da questo punto di vista non c’è alcun dubbio: pur non giungendo agli estremi tipici del primissimo Lynch sperimentale, questa produzione rimane a tutt’oggi l’esempio più compiuto e forse unico dell’incursione del grottesco nella narrazione televisiva a puntate.

Il grottesco in questione non è quello, comunque presente, che affiora dalla scelta di attori ora effettivamente affetti da nanismo o gigantismo, ora fisicamente mutilati. La cifra assolutamente grottesca riguarda la sorpresa, l’allusione sessuale, l’improvviso arrivo di un agente dell’FBI che si rivela un travestito, oppure inspiegabili adorazioni del cibo, un villain che di punto in bianco costruisce un plastico e inizia a giocare alla guerra civile americana, uno psichiatra devoto alla cultura hawaiana con un paio d’occhiali con lenti di diverso colore, una moglie completamente pazza con una benda sull’occhio e la convinzione di essere una studentessa di college, oppure l’improbabile travestimento che trasforma una capitana d’industria di mezza età in un grasso uomo d’affari asiatico, e l’elenco potrebbe andare avanti…

Il grottesco di questa serie agisce su due fronti: dal di fuori, come “pennellata di assurdo” che si posa come vernice glitter sui personaggi, e dal di dentro, attraverso iterazioni narrative e personaggi di per sé difettosi, con elementi che non tornano, mutano, si invertono lungo la scia di possessioni curiose e “catarsi” indecifrabili.

Il grottesco si manifesta attraverso dinamiche curiose: una donna misteriosamente assorbita da un comodino (parodia della celebre sequenza finale del già citato Shining?), uno spietato uomo d’affari improvvisamente convertito all’ecologismo e alla protezione di un tipico furetto della zona rurale, un personaggio che ingaggia una partita a scacchi a distanza e compare in rocamboleschi travestimenti ai membri della comunità, un’improbabile sfilata di moda a base di abiti di lana cotta, e via discorrendo. Lo scenario assume la forma di un gigantesco campionario della stranezza, che tuttavia viene snocciolato lungo una sintassi registica assolutamente piana, equilibrata, quasi didascalica, anche se mai banale.

Conclusione

La serie “classica” di Twin Peaks è stata indubbiamente un evento cult nella storia della televisione popolare. I motivi sono indubbiamente molti, e non tutti legati all’oggettiva qualità dell’opera. C’è infatti da dire che gli errori, in questo prodotto, sono almeno tanti quanti i pregi indiscussi, e che una critica lucida deve certamente tenere conto di tutto. Di certo siamo al cospetto di un prodotto che ha fatto parlare di sé anche per la sua carica simbolica e occulta.

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